Gesù Cristo
(Matteo 1:1). Cristo è il nome d’ufficio, Gesù il nome personale del nostro Signore. Deriva dal Greco Christos che significa unto, e corrisponde alla parola ebraica Messia. È chiamato l’unto (in relazione all’uso di ungere con olio quelli ch’erano messi da parte per un ufficio sacro e regale), perché, per lo Spirito Santo, fu unto per il triplice ufficio di profeta, sacerdote e re. La parola Gesù deriva da una parola ebraica che significa “salvare” o “mandato a salvare” (Matteo 1:21; Luca 2:11, 21). La parola Giosuè ha lo stesso significato ed è nome comunissimo fra gli Ebrei. Troviamo che al tempo dell’apparizione del Messia, Simeone, Anna ed altri d’uguale fede, stavano ardentemente aspettando la salute promessa (Luca 2:25-38). Al tempo prefisso, il Redentore del mondo apparve. “Gesù nacque a Betlemme tra gli anni 747-49 della fondazione di Roma, da sette a 5 anni avanti l’era volgare. La sua famiglia discendente dalla dinastia di Davide, s’era fissata a Nazaret; ma un censimento (Luca 2:1-3) ordinato da Cesare Augusto la obbligò in prossimità della nascita di Gesù a portarsi al luogo donde era originaria, cioè a Betlemme”. E lì in Betlemme tra il canto degli angeli che dicevano: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà”, nasceva, in un umile grotta o stalla, l’atteso Messia, preannunziato dai profeti d’Israele. Dopo otto giorni fu portato al tempio da Giuseppe e Maria, dove il vecchio Simeone lo riconosceva “luce delle genti e gloria del suo popolo. ” A questo segue la fuga in Egitto cagionata da Erode il grande il quale essendo informato della “nascita d’un fanciullo predestinato Messia, è preso da timori e lo perseguita a morte. Sotto Archelao, ritornano dall’Egitto e si fissano a Nazaret. La storia della sua infanzia è riassunta dalle poche parole dell’Evangelista Luca il quale dice che il fanciullo Gesù cresceva “in sapienza e grazia presso Dio e presso gli uomini. La prova del suo sviluppo spirituale ci vien data quando a 12 anni d’età rimane nel Tempio a ragionar con i vecchi dottori della legge nei quali desta somma meraviglia per essere così a dentro delle cose di Dio. E fu in questa occasione ch’Egli per la prima volta manifesta ai suoi genitori che era necessario per Lui occuparsi delle cose del Padre suo. All’età di 30 anni Gesù inizia la sua vita pubblica, e rivela la sua missione messianica (Luca 3:23). Ma a predisporre questa missione di Gesù, fu anteposto al suo il breve ministero del precursore Giovanni Battista il quale battezza Gesù e poco dopo lo indica come l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo”. Dopo il battesimo Gesù si ritirò nel deserto per 40 giorni, giorni di lotte interiori, giorni di profonda preparazione spirituale. Infatti, uscito dal deserto fa l’annunzio del suo grande programma, il programma del Regno di Dio sulla terra: “Ravvedetevi, perché il Regno dei Cieli è vicino” (Matteo 4:17). Qui mandiamo il lettore ai Vangeli, specialmente i primi tre. Ivi troverà compendiata con rara lucidezza e semplicità di parola la vita messianica di Gesù.
Carattere di Gesù. Vogliamo dare almeno in parte un sunto del carattere di Gesù tratto dal N. T. : “Gesù afferma di essere senza peccato di fronte ai nemici: “Chi di voi mi convincerà di peccato? se vi dico la verità perché non mi credete?” (Giovanni 8:46); nella cerchia intima degli amici, prima di andare alla morte: “Il principe di questo mondo nulla ha che vedere con me. Ma affinché il mondo sappia che amo il padre, che faccio secondo il padre mi ha ordinato, levatevi, andiamo” (Giovanni 14:30, 31); in filiale conversazione con il padre, guardando indietro a tutta la Sua vita: “Ho compiuto la missione che mi affidasti” (Giovanni 17). Le accuse mosse contro di Lui tornano a suo onore: per esempio, fu accusato di essere amico dei peccatori, di perdonare i peccati, di curare in giorno di sabato i malati, di mettersi a tavola senza prima lavarsi le mani, e di aspirare alla dignità regia sollevando il popolo e rifiutando di pagare il tributo a Cesare. “Non commise peccato; la sua lingua non trascorse a inganno” (I Pietro 2:21); “In lui non è peccato” (I Giovanni 3:15); “Non conobbe peccato” (II Corinzi 5:21). Gesù insegna ai discepoli a implorare perdono delle colpe, ma non lo domanda per sè; mai si mette allo stesso livello con i peccatori (Matteo 6:9,14; Matteo 7:11). Ingiunge di sopportare ogni danno, piuttosto che macchiare la coscienza (Marco 9:43-49). Ama e compatisce gli erranti con simpatia viva, che lo pone in contrasto con le maniere sprezzanti dei Farisei. Immune da macchie morali, vive una vita di religiosità intima ed intensa: gli sono familiari le realtà divine. Conosce in pieno i misteri del Regno e i consigli di Dio, e agli uomini riferisce serenamente e spontaneamente quello che ha veduto e inteso (Matteo 9:27; Giovanni 1:18; Giovanni 3:11; Giovanni 6:46; Giovanni 8:38; Giovanni 15:15). Per lui l’amore verso Dio è ubbidienza, fedele esecuzione della missione ricevuta: “Sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di Colui che mi ha mandato” (Giovanni 6:38). Dell’intima comunione di Gesù la preghiera è una delle più significative manifestazioni. Nell’iniziare la sua missione, prega (Luca 3:21); per quaranta giorni nel deserto, digiuna e prega; ritiratosi dalla folla prega in luogo deserto (Luca 5:16); dopo una notte di preghiera elegge i Dodici (Luca 6:13). Ai discepoli insegna il “Padre Nostro” (Matteo 6:9-13; Luca 11:1-4). Mortalmente triste, cerca conforto nella preghiera (Marco 14:36). Sul punto di morire, nelle mani del Padre raccomanda il suo spirito (Luca 23:26). Nelle relazioni con gli uomini si dimostra mite, misericordioso, benefico. La vita sua è un succedersi di fatiche, dolori, insidie e contraddizioni, coronata da morte atroce, liberamente e tranquillamente sopportata. Abbraccia tutti nell’universale larghezza dell’amore e della fattiva compassione. Piange sulle miserie altrui (Luca 19:41, 42; Giovanni 11:33-35). Lo commuovono a pietà le malattie del corpo e quelle dell’anima; ma le sue preferenze vanno ai moralmente malati. “Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a ravvedimento” (Luca 5:29-32). La Samaritana (Giovanni 4), l’adultera (Giovanni 8:1-11), la peccatrice di Magdala (Luca 7:36-50), Zaccheo il pubblicano (Luca 19:1-10), i crocifissori (Luca 23:34), il ladro sulla croce (Luca 23:42) tutti, sperimentano la bontà del suo cuore. Nè deroga alla sua consueta mitezza la veemenza di linguaggio con cui investe i farisei (Matteo 23). Costoro deformavano la coscienza del popolo e, invece d’una religione interiore e spirituale, imponevano una farragine di pratiche esteriori, con grave danno dei princìpi stessi della moralità. La missione di Gesù esigeva che fossero denunziati gli errori e smascherato l’inganno. Gesù ha una missione da compiere, affidatagli dal Padre, e la persegue con piena coscienza, senza esitazioni e contro tutte le difficoltà. La coscienza profonda di tale missione anima tutti gli atti della sua vita e gli fa accettare, contemplata con nitida chiarezza, la conclusione della morte”.
I. I nomi e i titoli dell’Essere Supremo gli sono attribuiti (Giovanni 1:1; Romani 9:5; I Giovanni 5:20; Apocalisse 1:1 Isaia 6:1-10 con Giovanni 12:41).
II. Gli attributi principali di Dio sono ascritti a Cristo, come l’eternità (Giovanni 1:1; Giovanni 8:58; Apocalisse 22:13); la conoscenza soprannaturale (Matteo 9:4; Giovanni 16:30; Giovanni 21:17); l’onnipotenza (Filippesi 3:21; Colossesi 2:9, 10); l’onnipresenza (Matteo 18:20; Matteo 28:20; Giovanni 3:13) e l’immutabilità (Ebrei 13:8).
III. Le opere e le prerogative di Dio gli sono attribuite, ad es. la creazione di tutte le cose (Giovanni 1:1,3; Colossesi 1:16,17) e la loro conservazione (Ebrei 1:3); il perdono dei peccati (Matteo 9:2,6; Colossesi 3:13); il potere di risuscitare i morti e di giudicare il mondo (Matteo 25:31-33; Romani 14:10; II Corinzi 5:10).
IV. È oggetto di culto divino (Filippesi 2:10; Ebrei 1:6; Apocalisse 5:11-13).
FALSI CRISTI, (Matteo 24:24). Il Signore premunì i suoi discepoli intorno all’apparizione di falsi Cristi. Non meno di 24 individui i quali accampavano simili pretese sono comparsi, e la difesa della loro messianità è costato ai Giudei un grande spreco di vite e di denaro. Uno di essi Coziba o Barchocheba, visse al principio del secondo secolo. I Giudei lo accettarono come Messia, e nel difenderlo contro i Romani, confessano avere perduto dalle 500 alle 600 mila vite! Nel dodicesimo secolo, da otto a 10 impostori sorsero, e furono seguiti da gran numero d’Ebrei. I più furono puniti di morte e trascinarono in uguale sorte moltitudine dei loro seguaci. L’ultimo a godere di qualche popolarità fu un Mardocheo, ebreo di Germania, che visse verso il 1682. Fuggì per scampare la vita, e si ignora la sua fine.